lunedì 5 maggio 2008

CINQUANTATRÉ PRINCIPI DEL PENSIERO CONSERVATORE di Giuseppe Prezzolini

1) Il Vero Conservatore (V.C.) ha rispetto per il tempo piuttosto che per lo spazio, e tiene conto della qualità piuttosto che della quantità. Non disprezza le cognizioni, ma sa che non hanno valore senza i principii. Sa andare all’indietro perché, per andare avanti, bisogna qualche volta arretrare per prender meglio la rincorsa.
2) Prima di tutto il V.C. si guarderà bene dal confondersi con i reazionari, i retrogradi, i tradizionalisti, i nostalgici; perché il V.C. intende “continuare mantenendo”, e non tornare indietro e rifare esperienze fallite. Il V.C. sa che a problemi nuovi occorre dare risposte nuove, ispirate a principii permanenti.
3) Il V.C. è persuaso di essere, se non l’uomo di domani, certamente l’uomo del dopodomani, che sarà riconosciuto quando i suoi avversari democratici avranno fatto fallimento. Il V.C. si sente rinnovatore delle leggi eterne dimenticate stupidamente, nascoste ipocritamente, trascurate impotentemente, violate quotidianamente.
4) Il V.C. non è contrario alle novità perché nuove, ma non scambia l’ignoranza degli innovatori per novità.
5) Il V.C. si guarderà bene dal dare un sigillo religioso alla propria dottrina, perché la dottrina del V.C. non è fondata sopra una rilevazione a sopra i fatti e il ragionamento. Pur rispettando le religioni storicamente salde in un Paese, come agenti di connessione stabilità sociale, il V.C. preferisce fondarsi sulla biologia e sulla storia: sulla biologia che ha stabilito l’importanza degli elementi (geni) che mantengono la continuità più dell’ambiente; e sulla storia che, pur non ripetendosi esattamente mai, ha mostrato quale disgregazione possano esercitare certe forze sulle società umane. Il V.C. sa che non si possono modificare senza pericolo i fondamenti della vita sociale.
6) Il V.C. è per la natura contro l’astrattismo, per il provato contro il teorizzato, per il permanente contro il transeunte.
7) Gli elementi naturale della società sono per un V.C. la proprietà privata, la famiglia, la patria e la religione.
8) Il V.C. esalta il senso della responsabilità contro la leggerezza, l’improvvisazione, la negligenza, la procrastinazione, l’insolente sovvertimento e l’utopia. Il V.C. deve agire, ma con coscienza; pensare ma con rispetto del passato, prevedere, ma senza dimenticare.
9) Il V.C. è convinto che l’uomo non è cambiato profondamente da quando è apparso sulla terra capace di modificare il proprio ambiente con uno sforzo comune, e che i cambiamenti ereditari avvengono per quantità infinitesimali che si accumulano.
10) Il V.C. accetta la possibilità di cambiamenti politici, poiché la storia è cambiamento continuo; ma vuole che il cambiamento avvenga con prudenza, con calma, con successivi e tempestivi gradi.
11) Il V.C. reputa utopici i programmi universali come abolire la povertà, l’analfabetismo, la fame in tutti i Paesi del mondo; e propone programmi parziali, limitati ad una dato Paese, a un dato periodo di tempo per ottenere frutti sensibili.
12) Il V.C. considera l’idea di progresso come un errore logico, perché non si sa se si progredisce se non si sa in quale direzione si va e dove ci si vuole fermare, e quindi a un certo momento il progressista dovrà diventare conservatore; e come un errore sperimentale, perché non sempre quello che viene dopo è migliore di quello che lo ha preceduto.
13) Il V.C. non ritiene che la povertà e l’insuccesso siano dovuti sempre alle condizioni sociali o all’ignoranza degli individui; sa che dipendono da condizioni generali della vita, da scarsa capacità o volontà di lavorare, da povertà di immaginazione, da inferiorità o accidenti fisici e fisiologici; ai quali si deve provvedere con la carità privata o pubblica, e tanto meglio quanto più è diretta, locale e meno burocratica che possa essere; non già con modificazioni delle strutture sociali.
14) Il V.C. riconosce che l’esistenza di istituzioni che hanno operato per lungo tempo in un paese dimostra che generalmente queste istituzioni hanno avuto una ragion d’essere e di perpetuarsi, e che prima di modificarle e di abolirle di deve aspettare che qualche evidente e provata necessità di farlo sia stata dimostrata e parzialmente almeno sperimentata; e non si fida dei progetti che dichiarano facile il cambiamento o che incontrano il favore del pubblico.
15) Per un V.C. il più importante scopo di ogni comunità è quello di mantenere intatte le proprie caratteristiche di usi, di costumi, di lingua e quando il caso, di razza e di religione; a questo scopo segue quello di assicurare al maggior numero il benessere necessario allo sviluppo di tutte quelle qualità potenziali dei singoli.
16) Il V.C. sa che la distruzione o alterazione di una istituzione può provocare in altre istituzioni l’indebolimento dell’equilibrio generale di una società.
17) Il V.C. è convinto che le energie dell’enorme maggioranza degli uomini non sono razionali ma passionali ed effetto di immaginazione, quindi si sforza di fare in modo che il potere sia in mano dei più razionali, dei più colti, dei più educati, di coloro che hanno dimostrato di saper inventare, di poter produrre, di volerne conservare il prodotto e d’aver senso di responsabilità nell’uso del potere e della ricchezza che si possono conquistare nella competizione.
18) Il V.C. crede che la competizione abbia perfezionato le capacità della razza umana e non vede quindi ragione di modificare le condizioni che ne han reso possibile finora lo sviluppo.
19) Separare i migliori elementi dai peggiori e per il V.C. il sistema più adatto allo sviluppo sociale, mentre il mescolare dei tardi con i pronti, dei sani con gli ammalati, degli intelligenti con gli stupidi, degli attivi con i passivi è il sistema più adatto a ritardarlo.
20) Il V.C. è realistico; parte dal principio che gli uomini non sono uguali. Ogni costituzione che parta da principii differenti porta inevitabilmente con sé enormi scompensi colmati soltanto da ipocrisie.
21) Gli uomini sono disuguali per salute, per età, per sesso, per apparenza, per educazione, per ingegno, per forza, per coraggio, per bontà, per onestà e per molte altre condizioni dovute all’ereditarietà e alla fortuna. Ogni legislazione o costituzione che non tenga conto di questo è da considerarsi vana e dannosa (aggiungere nota) .
22) Il V.C. sa che le società umane sono frutto di crescita lenta, e non macchine che si possono riparare pezzo per pezzo; è quindi difficile e pericoloso modificarne una parte senza distruggere l’armonia che si è formata col tempo tra le varie parti.
23) Il V.C. riconosce come legge naturale che ogni società lotta per conservare se stessa e naturalmente preferisce il proprio puzzo all’odore degli altri.
24) Il V.C. sa che la fonte maggiore del rispetto sociale è l’autorità, che l’esempio vale più dei discorsi; e quindi cercherà di essere un campione, insieme con la propria famiglia, delle virtù che fanno guadagnare l’autorità: ossia il compimento dei propri doveri, l’onestà personale, la capacità di giudizio non partigiano, il mantenimento della parola data, la specchiatezza dei costumi, la coerenza dell’azione con il pensiero, la modestia nella vita sociale.
25) Il V.C. è contrario all’espansione dei poteri, dei diritti, della beneficenza dello Stato, il quale dovrebbe limitarsi a provvedere, in modo tecnico perfetto, la sicurezza dell’indipendenza nazionale, le comunicazioni rapide e a buon mercato, l’igiene necessaria alla salute della popolazione, la scuola che sa scegliere i migliori, una vecchiaia non questuante, la cura delle malattie gratuita; e soprattutto dovrebbe offrire un corpo di giudici imparziali, un codice di leggi chiare, una esecuzione delle giustizia rapida e poco costosa per tutti e una stabilità di istituzioni che permetta ai cittadini di provvedere al futuro con una certa sicurezza.
26) Il V.C. considera come pericolo sociale un’eccessiva concentrazione di ricchezza nelle mani dei pochi come un’eccessiva povertà nelle masse, e mira alla costituzione di una larga classe media, superiore in numero e potere ai pochi molto ricchi e ai troppi troppo poveri.
27) Il V.C. si aspetta tutto dall’intimo desiderio che ha ogni uomo di migliorare e superare i vicini, e diffida di ogni soverchia facilità concessa dallo Stato ai meno dotati di intelligenza e ambizione.
28) Il V.C. sa che la libertà individuale è una grande fonte di scoperte, di invenzioni, di spinte, ma anche di oppressioni, di mutilazioni, di distruzione dei più deboli. Nessuna regola esiste che misuri il momento in cui una libertà diventa nociva; ma è certo per il conservatore che la libertà personale non può essere un diritto, bensì una concessione che lo Stato può negare, ritirare o moderare.
29) Il V.C. rispetta la libertà dei culti religiosi, ma non permette ad alcun gruppo religioso di esercitare influenza sulla vita politica della società.
30) Il V.C. in Italia difende la civiltà che è nata dalla tradizione del mondo greco - latino, dall’ideale della vita attiva in politica, dalla superiorità dei concetti e delle espressioni chiare in arte, dalla civiltà cristiana nella parte assorbita dalla civiltà moderna.
31) Il V.C. crede migliore la sicurezza della vecchiaia affidata alla preveggenza degli individui capaci di risparmio che alla munificenza dello Stato; e che coloro che chiedono l’aiuto dello Stato debbano, nello stesso tempo, rinunziare alla partecipazione nel governo dello Stato (poveri mantenuti e ricchi protetti).
32) Il V.C. sa che la storia non si ripete mai esattamente, e che nessuno impara dai i suoi insegnamenti più di quello che è capace per natura di apprendere. Però sa che ci sono modelli di accadimenti che possono suggerire attenzioni, precauzioni e soluzioni per evitare danni, decadenze, disastri: sempre che l’insegnamento non sia una formula e i provvedimenti siano misurati con la bilancia senza cifre del giudizio.
33) Il V.C. sa che l’estensione della burocrazia, l’uso dei mercenari o di armi straniere, l’aumento progressivo delle tasse, la svalutazione della moneta sono stati sempre il principio della decadenza delle società e hanno annunciato il principio della fine della loro indipendenza.
34) Il V.C. sa che ricchezza non sostituisce la capacità, né la povertà costituisce un merito; e che la migliore atmosfera sociale è quella nella quale i più attivi, i più onesti, i più colti, i più capaci occupano i posti di comando. Il privare i pochi abili del poter sfruttare le opportunità che incontrano o inventano è una tirannia uguale al rendere schiavi i più per beneficio di pochi.
35) Il V.C. non crede che gli uomini siano delinquenti o bravi cittadini in virtù delle istituzioni; ma che ci sia in ciascun individuo qualche principio che lo rende, fin dalla nascita, contento e desideroso o no di giovare alle società.
36) Non c’è nulla di meglio per un V.C. del voto segreto per assicurarsi il consenso pubblico; il lui il referendum e i plebisciti hanno valore se accompagnati da discussioni libere. Però il voto per dimostrare interamente il proprio valore dovrebbe essere calcolato in proporzione al contributo che il votante dà alla società ed alla responsabilità che il votante prende rispetto ad essa in prestazioni, in denaro, in prestigio, produzioni; e queste son cose difficilissime da misurare.
37) Il V.C. ritiene che in generale sia bene che un popolo sia istruito, ma che non sempre l’istruzione favorisca la sua felicità e contribuisca a mantenere la sua identità.
38) Il V.C. è piuttosto pessimista per natura; non crede che gli uomini nascano buoni e siano fatti cattivi dalla società, bensì quel poco di buono che ci si può aspettare dagli uomini è il risultato lento di secoli di lotta e di compressione della società per ottenere da essere naturalmente aggressivi uno sforzo di collaborazione. Il V.C. sa che la devozione alla patria, il senso del dovere, il rispetto umano sono virtù di pochi.
39) Il V.C. considera con sospetto tanto il dominio dei dittatori quanto quello delle folle.
40) Il V.C. ritiene che lo stesso cittadino, che è capace di giudicare abbastanza bene gli affari del proprio comune, che lo riguardano da vicino, è incapace di giudicare della politica generale e soprattutto della politica estera di tutto lo Stato; e che una distinzione d’elettorato sia necessaria se si vuole conservare il potere ai più competenti e nello stesso tempo dare al potere l’appoggio necessario del consenso. Perciò il V.C. è contrario al suffragio universale.
41) Il V.C. è convinto che la democrazia sia la forma di governo più facilmente corrompibile, e che specialmente quella parlamentare offra l’occasione e la tentazione ai deputati di approfittare del denaro pubblico, sia direttamente per loro e per le loro famiglie, sia indirettamente per comperare con favori dannosi al pubblico interesse alcune schiere di elettori, o nella propria città, o in una determinata classe.
42) Il V.C. è convinto che oggi le forze del lavoro organizzate in sindacati debbano partecipare ala vita pubblica e allo Stato con piena responsabilità finanziaria della propria azione, salvo gli appartenenti ai servizi pubblici, dagli ospedali alle scuole, dai trasporti alla vigilanza cittadina, che debbono essere considerati come militari obbligati al loro impegno sociale.
43) Il V.C. vede con simpatia le partecipazioni alla proprietà individuale delle classi lavoratrici, dalla casa fino all’azione della società anonima (per azioni, ndr), dalla cooperativa fino al fondo pensioni di ciascuna azienda (che premi con questa una lunga attività in essa), purché prendano forma individuale, esigano sforzo di risparmio ed eccitino l’orgoglio e l’indipendenza di ciascun nucleo familiare.
44) Il V.C. non reputa che per essere moderni occorra scrivere in modo da non essere intesi, che per protestare contro le ingiustizie sociali si debbano portare i capelli lunghi e la biancheria sporca; che per provare l’uguaglianza dei sessi si invertano i sessi, che per mostrare l’apertura della mente si adottino costumi di altri popoli; che per confermare la propria religione si accetti la religione degli altri.
45) Il V.C. è contrario all’esotismo, perché è segno di decadenza dei popoli, e in questo può trovarsi d’accordo anche con i comunisti che in Russia e in Cina ne sono severi censori.
46) Per un V.C. la stampa pubblica dovrebbe essere liberissima e, nello stesso tempo, responsabilissima, la responsabilità dovrebbe essere fissata da norme chiare, pratiche, esatte, attuabili senza la prigionia.
47) La libertà individuale è per il V.C. una fonte preziosa di vita in uno Stato, ma va considerata piuttosto una “concessione” che un “diritto”.
48) Il V.C. sa che per ogni regola generale ci sono eccezioni e ne terrà conto nella formulazione delle proibizioni.
49) Il V.C. spingerà la società a comprendere che i conflitti dei lavoratori con i capitalisti debbono essere risolti da un giudice senza il ricorso al dispendioso sistema dello sciopero.
50) Il V.C. non ha nostalgia del passato, giudica severamente il presente, e non gli sorride l’immagine del futuro; egli sa che i governi sono tutti, all’incirca, oppressivi, tutte le rivolte liberali creatrici di tirannie, e le felicità sognate tutte irraggiungibili, perciò teme i trapassi, le rivoluzioni, le agonie delle attese, le turpitudini delle promesse, i trionfi dei profittatori; e dici agli uomini di accontentarsi di ritocchi sensati, di riforme serie, di pazienti creazioni di nuovi sistemi.
51) Il V.C. sa che la differenza di una classe, la denutrizione di una regione, l’insoddisfazione di un ordine, l’insufficienza di un organismo tecnico vengono risentite da tutta la società e la società vi deve provvedere, suscitando in essi la capacità autonoma di ripresa e di risanamento.
52) Il V.C. ritiene che gli uomini non siano buoni per natura, cioè capaci di superare l’egoismo personale e familiare necessario per vivere; e che, lasciati a se stessi, senza la necessità che li spinge a guadagnare, senza la minaccia della punizione che li tiene lontani dalla violazione delle leggi, senza gli incentivi dell’orgoglio e della vanità che li spinge a partecipare utilmente alla vita sociale, essi si darebbero nella maggior parte dei casi all’infingardaggine, poi alla baldoria e finalmente alla dissipazione dei beni ereditati.
53) Per un V.C. le divergenze tra Stati non possono tutte essere risolte con accordi dipendenti da ragioni e discussioni; e nessun tribunale internazionale esiste che abbia la forza di imporre l’esecuzione dei propri giudizi. Cosicché, per quanto sarebbe augurabile una soluzione pacifica dei conflitti, bisogna rassegnarsi alla possibilità delle guerre. In tal caso il V.C. accetta il parere di coloro che da secoli hanno riconosciuto la preparazione militare e le alleanze protettive come i migliori mezzi per rendere meno frequenti perché più difficili le minacce e le aggressioni armate.